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COMUNICATO STAMPA

 

L'investitore retail e la Borsa: un'analisi di Borsa Italiana SpA

 

La partecipazione degli investitori retail ai mercati di Borsa è divenuta nel corso dell'ultimo biennio una tendenza consolidata.

Lo testimonia un'analisi realizzata da Borsa Italiana in collaborazione con Doxa nel corso di giugno e luglio 2001, volta a quantificare l'importanza delle famiglie come investitori in azioni italiane quotate nonché a comprendere il profilo e le motivazioni dei risparmiatori che si affacciano sui mercati gestiti da Borsa Italiana.

Questi i primi risultati dello studio, che sarà presentato in forma completa nel corso di un prossimo convegno:

L'importanza del fenomeno

A fine 2000 il 25% della capitalizzazione di Borsa è detenuta dalle famiglie: questo livello è stato raggiunto a fronte di una netta contrazione della presenza del settore pubblico (Stato, enti locali e fondazioni bancarie) che a fine 2000 si attesta al 15% (36% nel 1996).

Focalizzando invece l'attenzione sulla ricchezza finanziaria delle famiglie, a fine 2000 l'8% del totale è rappresentato da azioni italiane quotate (2% nel 1995), un livello pari a quello dei titoli di Stato (26% nel 1995).

Chi è l'investitore italiano

Coloro che hanno negoziato nel corso degli ultimi due anni azioni italiane quotate sono soprattutto maschi (66%) e residenti nel Nord-Ovest (44%). Il 57% ha un'età compresa tra i 30 e i 50 anni e l'81% è attivo dal punto di vista professionale. Le professioni più diffuse sono imprenditore/libero professionista (22% rispetto al 4% della popolazione) e impiegato (25% rispetto al 15% della popolazione). L'83% ha un diploma o una laurea.

La situazione economica della famiglia è percepita dall'investitore come solida (l'83% riesce a risparmiare) e il 48% si attende un miglioramento della situazione finanziaria.

L'intervistato si definisce prevalentemente un investitore di tipo "conservatore" (44%) o "moderatamente aggressivo" (37%); nel 46% dei casi decide autonomamente quando e come movimentare il suo portafoglio.

Le motivazioni all'investimento e le azioni negoziate

L'esperienza dell'investimento in azioni inizia nel maggior numero dei casi (63%) oltre due anni fa.

Tra le motivazioni che hanno indotto a iniziare a investire in azioni, le più citate sono: ottenere rendimenti migliori (49%), realizzare rapidi guadagni (27%) e diversificare il proprio portafoglio (22%).

Le ragioni per le quali si continua ad investire in azioni restano per molti aspetti le stesse: si riduce la ragione legata ai rapidi guadagni (22%) o all'imitazione degli amici (3% rispetto al 7% dell'inizio dell'investimento).

Dal punto di vista delle negoziazioni, prevalgono le blue chip (88% degli intervistati); seguono le azioni del Nuovo Mercato (32%) e le small cap (21%).

Il 65% degli intervistati indica la privatizzazione di una società come il momento di acquisto delle azioni.

Nel corso degli ultimi 12 mesi il portafoglio di azioni blue chip è stato movimentato quasi 10 volte, quello di azioni del Nuovo Mercato 16, le small cap 13 volte.

Gli intervistati dichiarano di investire in media il 32% del loro portafoglio in azioni italiane quotate.

L'investitore italiano: attraverso quali canali negozia e come si informa

La banca tradizionale è il principale canale di realizzazione degli investimenti in azioni (69%), il 28% menziona i promotori finanziari mentre il 10% utilizza sistemi on-line forniti dagli intermediari.

Circa l'80% degli intervistati effettua le proprie operazioni di persona presso la banca o negli uffici della rete di vendita.

Il canale di informazione per decidere e seguire l'investimento in azioni più utilizzato è la stampa: il 38% cita i quotidiani economici, il 24% gli altri quotidiani, il 14% periodici economici. Il 12% consulta siti web economico-finanziari.

Il 28% degli intervistati si informa attraverso contatti con il personale delle banche, il 21% con promotori finanziari e il 18% con familiari e amici.

 

 

Milano, 26 luglio 2001

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